ETIMOLOGIA

In Italia nel 2020 sono stati registrati circa 25.500 nuovi casi di tumore della vescica (20.500 tra gli uomini e 5.000 tra le donne), pari al 10,5% e al 3% di tutti i tumori incidenti, rispettivamente. Il trend appare in lieve calo negli uomini e stabile nelle donne. La neoplasia interessa prevalentemente l’età anziana ed il sesso maschile: negli uomini infatti è la quarta sede più̀ frequente dopo i 50 anni. Nel 2020 la mortalità registrata ha fatto registrare un aumento del 2,6% negli uomini ed un calo del 2,6% nelle donne. La sopravvivenza a 5 anni è pari al 79%, senza significative differenze di genere (80% negli uomini, 78% nelle donne) ma con un forte gradiente per età: 96% nei < 45 anni che si riduce al 66% nei 75 +.

Fattori di rischio:

Il fumo da solo è responsabile del 50% dei tumori della vescica rispetto ai non fumatori, i fumatori presentano un RR 3,47 (IC 95% 3,07-3,91) mentre gli ex-fumatori presentano un RR 2,04 (IC 95% 1,85- 2,25). Anche la mortalità specifica per malattia è maggiore nei fumatori rispetto agli ex-fumatori (RR 1,53 [IC 95% 1,12-2,09]), a dimostrazione del fatto che la durata e l’intensità del fumo sono positivamente correlate con un aumentato rischio del tumore della vescica. L’esposizione professionale è responsabile del 5-6% dei tumori della vescica: il rischio è più alto nei lavoratori del tabacco (RR 1,72 [IC 95% 1,37-2.15]) e dei coloranti (RR 13,4 [IC 95% 1,5-48,2]).

L’alcol ed un eccesso di carni rosse mostrano un lieve eccesso di rischio mentre l’assunzione di Vitamina D ed un consumo quotidiano di frutta e verdura sembrano avere un effetto protettivo.

Sintomi:

La macroematuria è il più frequente segno d’esordio nei pazienti con neoplasia uroteliale vescicale

    DIAGNOSI
    • Citologia urinaria

    L’esame citologico del sedimento urinario rimane ad oggi l’unico marcatore universalmente utilizzato nella pratica clinica per la diagnosi delle neoplasie uroteliali e il follow-up delle neoplasie vescicali di alto grado.

    • FISH test

    La FISH (Fluorescence In Situ Hybridization) è una metodica di citogenetica molecolare che evidenzia l’aneuploidia (alterazione nel numero dei cromosomi) tipica della trasformazione neoplastica delle cellule. Il test, viene condotto sulle cellule provenienti da urine fresche, è assolutamente non invasivo. A livello medico è infatti noto che le cellule tumorali sono sempre caratterizzate da aneuploidia, ossia dalla diminuzione e/o dall’aumento del numero di copie di alcuni cromosomi.
    Il metodo FISH di analisi utilizza una sonda molecolare marcata con sostanze fluorescenti in grado di rilevare l’aumento l’aumento del numero di copie dei cromosomi 3, 7, 17 e, talvolta (solitamente nelle forme meno invasive), alla sola perdita totale del cromosoma 9.
    Mediante la tecnica FISH è possibile contare le copie di tali cromosomi e quindi è possibile svelare la natura neoplastica delle cellule atipiche osservate. La percentuale di cellule patologiche sul totale di quelle osservate rileva: la probabilità che la lesione sia presente e la sua invasività. Mentre il grado di polisomia (vale a dire il numero di copie dei cromosomi 3, 7 e 17) rivela il grado del tumore stesso. L’esame si considera positivo in presenza di almeno 4 cellule con polisomia dei cromosomi citati o di 12 cellule con perdita omozigote (entrambe le copie) di 9p21. Tale metodica è applicabile anche su tessuto, ovvero su materiale bioptico e pezzi chirurgici.
    Quando prescrivere la FISH?
    1) Come esame di secondo livello nelle atipie lievi-moderate al fine di evitare inutili cistoscopie esplorative.
    2) Come test di primo livello nella sorveglianza delle recidive, prima  della cistoscopia, per evitare inutili cistoscopie esplorative e passare subito, in caso di FISH positiva, alle indagini strumentali di imaging e quindi alla resezione endoscopica della neoformazione alla cistoscopia operatoria. La FISH può essere utilizzata anche per individuare la sede della neoplasia non vescicale. analizzando selettivamente le urine raccolte dai singoli ureteri.

    • DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
    • Ecografia

    Esame di primo livello per lo studio della patologia uroteliale è l’ecografia, con un’accuratezza globale compresa tra 80 e 95% e una specificità molto elevata. La metodica presenta comunque dei limiti che risiedono nella difficoltà nel rilevare lesioni vescicali piatte e nell’impossibilità di studiare adeguatamente l’alta via escretrice, della quale eventualmente può dimostrare una dilatazione a monte come segno indiretto di un’eventuale ostruzione.

    • URO TC

    È una TC addominale che viene eseguita con l’iniezione endovenosa di un liquido specifico, detto mezzo di contrasto, che viene filtrato nei reni, in modo analogo a come i reni filtrano acqua e sostanze tossiche dal sangue, e che prosegue lungo la stessa via dell’urina. Questo liquido è molto riconoscibile sulle immagini della TC e in questo modo evidenzia la struttura dei reni e di tutta la via escretrice che altro non è che il sistema di scarico dell’urina attraverso le strutture interne del rene, gli ureteri e la vescica. Con questo esame è studiabile sia l’intero apparato escretore, sia il parenchima renale, che organi ed apparati limitrofi. Esso definisce la multifocalità della neoplasia, le dimensioni e l’estensione delle lesioni, l’eventuale interessamento linfonodale, e la presenza di secondarismi, ovvero metastasi.

    • RMN

    La Risonanza Magnetica (RM) fornisce informazioni e livelli di accuratezza sostanzialmente sovrapponibili a quelli della TC. I possibili vantaggi della RM consistono nella possibilità di distinguere tra di loro, anche con il solo esame diretto, i tessuti e gli organi che in TC hanno uguale densità. Questo aspetto, se associato allo studio dinamico con mezzo di contrasto, può aiutare a definire con maggior precisione lo stadio locale e secondo alcuni autori a discriminare le flogosi postchirurgiche dalla ripresa di malattia

    • Diagnostica Endoscopica
    • Uretrocistoscopia a luce bianca

    La uretrocistoscopia in genere segue una citologia urinaria positiva e/o un’ecografia sospetta per lesioni vegetanti e/o il persistere di un sospetto clinico. Al contrario, questo esame precede nell’iter diagnostico la Uro-TC e si esegue generalmente in regime ambulatoriale con strumento flessibile.

    La metodica consiste, utilizzando uno strumento flessibile, introdotto attraverso il meato uretrale esterno nel lume uretrale, di farlo risalire lungo tutta l’uretra fino a raggiungere, sotto visione, la vescica e il suo lume. Grazie alla telecamera inserita sarà così possibile ispezionare l’intero lume vescicale, individuando, qualora presenti e visibili l’eventuale neoformazione/i presenti descrivendo dimensioni, numero e aspetto (papillare o solido) riscontrate, così come di eventuali anomalie di aspetto della mucosa vescicale. È consigliabile impiegare una mappa vescicale con indicazione di sede e dimensioni delle lesioni riscontrate.

    • Uretrocistoscopia a fluorescenza (PDD)

    La cistoscopia a fluorescenza o fotodinamica (Photo Dynamic Diagnostics – PDD, meglio conosciuta come “Cistoscopia a luce blu”) è una tecnica di indagine endoscopica che migliora del 40% il rilevamento di lesioni tumorali vescicali rispetto alla tecnica tradizionale a luce bianca.

    La metodica consiste nel migliorare il contrasto visivo tra le cellule benigne e maligne sfruttando l’interazione tra una luce specifica (illuminazione della vescica con luce blu) e una sostanza fotosensibile dotata di forte affinità per le cellule tumorali. La tecnica prevede l’instillazione in vescica della sostanza fotosensibile (Esaminolevulinato) mediante cateterizzazione. Tale sostanza, instillata in vescica un’ora prima dell’esame, induce un accumulo intracellulare elettivo di porfirine fotosensibili (PAP), in particolare di protoporfirina IX (PpIX), nelle cellule maligne di origine uroteliale. In seguito ad illuminazione con luce blu le cellule neoplastiche emettono una fluorescenza rossa che consente la visualizzazione selettiva del tumore.

    La PDD si è dimostrata di enorme efficacia nella stadiazione e trattamento endoscopico conservativo dei tumori di alto grado superficiali (CIS, Ta, T1) della vescica tanto da essere validata nelle Linee Guida della Società Europea di Urologia EAU sulla Diagnosi e Trattamento del carcinoma della vescica non muscolo invasivo (Non Muscle Invasive Bladder Cancer – NMIBC)

    Per le sue qualità e potenzialità diagnostiche, la PDD si qualifica pertanto come metodica indicata

    –        in caso di sospetto tumore ad alto grado; citologia urinaria positiva e cistoscopia negativa, multifocale, di dimensioni elevate, o in presenza di sangue persistente nelle urine senza cellule anomale nelle stesse e

    –        in particolari forme di tumore diagnosticato; carcinoma localizzato, ossia in situ, e/o di alto grado.

    • Uretrocistoscopia in narrow-band imaging (NBI)

    La cistoscopia NBI rappresenta una valida integrazione diagnostica nei pazienti con NMIBC (tumore superficiale), con un significativo miglioramento nella qualità della visione e conseguentemente nella diagnosi e nel follow-up della neoplasia vescicale. L’NBI è una tecnologia con filtro ottico brevettata per la diagnosi e il trattamento di NMIBC che crea un contrasto significativamente maggiore tra i vasi sanguigni e il tessuto circostante rispetto alla tecnologia WLI. Questo lo rende un ottimo strumento per la diagnosi di cancro della vescica durante tale esame in quanto in grado di rilevare lesioni tumorali apparentemente invisibili alla consueta “luce bianca”. La luce bianca è composta da una miscela in parti uguali di lunghezze d’onda: le lunghezze d’onda più corte penetrano solo lo strato superiore della mucosa, mentre le lunghezze d’onda più lunghe penetrano in profondità nella mucosa.

    La luce NBI è invece composta da due lunghezze d’onda specifiche che sono fortemente assorbite dall’emoglobina. La lunghezza d’onda più corta dell’NBI è 415 nm, che penetra solo gli strati superficiali della mucosa. Questa viene assorbita dai vasi capillari nella superficie della mucosa e dà luogo ad immagini di colore brunastro sull’immagine video. Questa lunghezza d’onda è particolarmente utile per il rilevamento di tumori, che sono spesso altamente vascolarizzati. La seconda lunghezza d’onda NBI è di 540 nm, che penetra più profondo di 415 nm luce. Viene assorbita da vasi sanguigni situati più profondamente nello strato mucoso, e appare di colore ciano nell’immagine NBI. Questa lunghezza d’onda permette una migliore comprensione della vascolarizzazione delle lesioni sospette. Tale metodo fornisce un sostanziale miglioramento alla gestione della neoplasia vescicale non muscolo-invasiva, e può essere d’ausilio successivamente soprattutto durante la resezione endoscopica del tumore della vescica grazie alla migliore definizione dei margini delle lesioni neoplastiche rispetto alla mucosa vescicale normale circostante, diminuendo il tasso di neoplasia residua e quindi di recidive precoci.

    TRATTAMENTI

    La diagnosi della natura della neoformazione e la sua caratterizzazione istologica può essere accertata solo ed esclusivamente mediante l’asportazione della neoformazione evidenziata. Questa procedura si chiama resezione transuretrale della neoformazione vescicale (TURBT)

    La resezione transuretrale di neoplasia vescicale è un’operazione che permettere di rimuovere un sospetto tumore localizzato nella parete della vescica. Si tratta di una procedura endoscopica, con accesso transuretrale, che non comporta cioè l’incisione della cute. L’asportazione viene infatti eseguita attraverso il resettore, un apposito strumento dotato di luce, telecamera e ansa diatermica. Grazie a questo dispositivo medico, collegato ad un monitor presente in sala, il chirurgo può quindi sezionare ed asportare la lesione sospetta, “tagliandola a pezzettini”, step by step, partendo dalla chioma per arrivare alla base (cTURBT) o utilizzando una nuova tecnica, la cosiddetta “asportazione en-blocc” (eTURBT), dove la neoformazione è asportata “in blocco”, senza essere frammentata.

    La procedura viene eseguita in anestesia spinale e ha una durata variabile dai 10 ai 30 minuti. Il paziente viene invitato ad assumere una posizione supina (a pancia in su) appoggiando le gambe ad appositi sostegni. Una volta completate le procedure di preparazione, poi, il chirurgo introduce il resettore attraverso il meato uretrale esterno dell’’uretra e lo guida delicatamente fino alla vescica. Dopo che la vescica è stata lavata con una soluzione fisiologica, si procede quindi alla rimozione della lesione, utilizzando preferenzialmente un bisturi che eroghi energia bipolare (cTURBT). In centri di alta specializzazione si predilige utilizzare in luogo della classi cTURBT, una tecnica di resezione “en-blocc” (e-ETURBT), sempre con utilizzo di un bisturi bipolare, che migliora la qualità della resezione. Questa tecnica permette di asportare la neoformazione nella sua interezza e non per frammenti multipli come si ottiene dalla tecnica classica (cTURBT) , migliorando così sia l’accuratezza della procedura che la radicalità della tecnica di asportazione della lesione. Infine, al termine dell’intervento si posiziona un catetere vescicale con un lavaggio vescicale continuo che verrà poi rimosso a distanza di 24 h, quando il paziente verrà invitato ad alzarsi e, dopo 48 ore, dopo aver rimosso il catetere vescicale, il paziente verrà dimesso. La complicanza più frequente è il sanguinamento post-operatorio. A volte il sanguinamento comporta la formazione di coaguli all’interno della vescica, che potrebbero essere rimossi con lavaggi manuali attraverso il catetere. In alcune occasioni il sanguinamento o l’accumulo dei coaguli nella vescica sono di entità tale da richiedere un nuovo intervento. Nel post operatorio è possibile che si manifestino questi sintomi che tendono alla risoluzione spontanea nell’arco di qualche giorno:

        • bruciore durante la minzione
        • urine rosate o a “lavatura di carne”, per 7-14 giorni.
        • sensazione di tensione o fastidio nella zona del basso ventre o sul fianco, soprattutto durante la minzione
        • bisogno di urinare più frequentemente, a volte con sensazione urgente e impossibilità a trattenere l’urina
        • febbre

    Può succedere anche che, dopo un periodo in cui le urine sono risultate chiare, improvvisamente si colorano di rosso. Di solito è dovuto al distacco dell’escara (la “crosticina”) dalla vescica.

    L’intervento, e solo l’intervento, permette sempre l’identificazione della lesione e la sua stadiazione clinica.

    La neoformazione asporta è nel circa il 90 % un carcinoma a cellule uroteliali (la passata definizione di carcinoma a cellule transizionali è oggi scoraggiata)

    Rispetto alla sua estensione possiamo oggi distinguere delle neoplasie cosiddette non muscolo invasive(in cui la malattia è confinata all’epitelio transizionale – Ta e Tis sec. TNM – o alla sottomucosa – T1 sec. TNM), dalle neoplasie con invasione della tonaca muscolare o superamento della stessa (stadi T2-T4 sec. TNM), dette muscolo invasive.

    • neoplasia non muscolo invasive

    Si definiscono tumori vescicali a cellulke uroteliali non muscolo invasivi (NMIBC) tutti quei processi neoplastici dell’urotelio che, nello sviluppo all’interno della parete vescicale non arrivano ad interessare lo strato muscolare del detrusore. La linea di confine del coinvolgimento dello strato muscolare ha un importante significato prognostico nella storia naturale della malattia costituendo un essenziale elemento di giudizio sulle proprietà aggressive del processo neoplastico. All’interno di questa definizione si comprendono diversi tipi di neoplasia.

    Nella forma NMIBC, distinguiamo:
    • Tapapillare confinato alla superficie della mucosa (circa il 70% dei NMIBC)
    • T1papillare che attraversa la mucosa (circa il 20% dei NMIBC)
    • CIS (Carcinoma In Situ), tumore piatto, confinato alla mucosa, spesso multifocale (circa il 10% dei NMIBC).

    L’EORTC (European Organization for Research and Treatment of Cancer) sulla base di una meta-analisi su 2.596 pazienti, ha sviluppato uno Scoring System, basato su 6 fattori predittivi deducibili al momento della TURBT, da cui sono derivate delle Tabelle di Rischio:

        1. Basso Rischio: Lesione unica, primaria, Ta, G1 (LG), diametro < 3 cm
        2. Rischio Intermedio: Ta-T1, G1-2 (LG), recidivi, multifocali, diametro > 3 cm
        3. Alto rischio: T1, G3 (HG), CIS

    Trattamento della Malattia Vescicale Non-Muscolo Infiltrante (NMIBC)

    Terapia Endovescicale Adiuvante

    Il trattamento endovescicale adiuvante si prefigge per il gruppo a basso, intermedio e alto rischio i seguenti scopi:

        • completamento dell’eradicazione della neoplasia dopo TURBT
        • riduzione del tasso delle recidive
        • allungamento dell’intervallo libero tra TURBT e recidiva
        • prevenzione della progressione della malattia
    • neoplasie muscolo invasive

    Si definisce carcinoma uroteliale muscolo invasivo una neoplasia che infiltra (pT2) o supera (pT3-4) la parete muscolare della vescica (muscolo detrusore).

    Trattamento della Malattia Vescicale Muscolo Infiltrante (MIBC)

    • Chirurgia radicale della vescica preceduta (neoadiuvante) o seguita (adiuvante) da chemioterapia sistemica

    Rispetto alle sue caratteristiche istologiche (Grading) possiamo distinguere delle neoplasie papillari uroteliali a basso potenziale di malignità (PUNLMP), da delle neoplasie esclusivamente di basso grado (LG) e alto grado (HG). Dal punto di vista macroscopico ed endoscopico possiamo distinguere forme papillari e non papillari. Le forme papillari possono avere una crescita verso l’interno della parete (papilloma invertito) o essere vegetanti (esofitici). I non papillari assumono un aspetto a placca e sono da considerarsi sempre forme più aggressive. Di queste forme solo il papilloma invertito è da considerarsi benigno. Per quanto riguarda il grado di differenziazione cellulare oggi si distinguono forme a basso grado (LG) e ad alto grado (HG) di malignità secondo la nuova classificazione del 2004 mentre in precedenza le forme erano classificate secondo 3 gradi. Questa nuova classificazione è stata proposta nel 1998 dalla World Health Organization (WHO) e dalla International Society of Urological Pathology (ISUP) e pubblicata dalla WHO nel 2004. Le forme a basso grado presentano alterazioni esclusivamente citologiche ma non architetturali. Presentano inoltre un basso rischio di progressione ed hanno tendenza a recidivare.